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SATURNO CONTRO Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 7 aprile 2007
 
di Ferzan Ozpetek, con Stefano Accorsi, Margherita Buy, Pierfrancesco Favino, Luca Argentero, Ambra Angiolini, Serry Yilmaz, Isabella Ferrari, Milena Vukotic (Italia, 2007)
 
Relazioni, secondo i gusti pericolose, fra un bancario, una psicologa, uno scrittore, una traduttrice, un rentier, un pubblicitario, una grafica, un poliziotto, un laureato in medicina, una fiorista: tutti trenta, quarantenni, regolarmente benestanti, di psicologie disparate ma di quella medesima fascia che una volta definivamo borghese. E' il gruppo, che fu già alla base di LE FATE IGNORANTI, il film di Ferzan Ozpetek del 2000; quello zoccolo non proprio duro, che nell'amicizia troverà rifugio dalle ferite inferte dalle relazioni sentimentali, eterosessuali e omosessuali che siano. O, se preferite farla più semplice, una solidarietà nei confronti delle comuni tribolazioni esistenziali. Delle tragedie: come in questo SATURNO CONTRO, quando il segnale nefasto dell'oroscopo a cui allude il titolo andrà a colpire il più disincantato dell'allegra compagnia sotto forma di una emorragia cerebrale. Introducendo così il tema del lutto destinato a ricucire gli strappi dell'amicizia caro a tutto un cinema americano, genere IL GRANDE FREDDO di Kasdan. O, fra i canadesi e certo con diverso rigore, LE INVASIONI BARBARICHE di Denys Arcand.

In parallelo allo sconsolante, aberrante oscurantismo che ci viene propinato da mesi sui DICO ( la leggina che dovrebbe concedere un minimo di riconoscenza alle coppie stabilmente conviventi), un film come questo ha comunque già un primo merito: quello di mettere in parallelo, su un piano di perfetta eguaglianza che la progressione drammatica di SATURNO CONTRO non arrischia mai di mettere in dubbio dapprima il desiderio, quindi l'affetto, infine l'amore, di chi sia indifferentemente gay o etero. Una coppia eterosessuale che va in crisi malgrado le migliori premesse; un'altra, omosessuale, destinata a durare a lungo se non fosse per l'intervento del destino? Forse perché cresciuto, prima di trasferirsi in Italia, all'incrocio culturale di Istambul, Ozpetek ha un modo tutto suo, pudico e riservato, nell'affrontare situazioni, passioni e violenze che altri tradurrebbero, ahimè, nel modo dirompente e speculativo che sappiamo. E' il secondo merito di un film che affronta queste drammatiche (o chiamiamole pure melodrammatiche) tempeste esistenziali mettendo intelligentemente in bocca ai personaggi certe battute, a tratti centratissime, che ci rimettono sui binari della benemerita commedia all'Italiana : “Lei è gay?” – chiede il padre che sta cercando di capire, all'amico - “ No, sono frocio”. “ Credevo fosse la stessa cosa”. “Si, ma io sono all'antica. “

Quasi figura di eccezione nel clima sboccato del cinema italiano un autore come Ozpetek si compiacerà anche nei suoi eccessi un po' buonistici d'indagine sentimentale-psicologica dell'intimo; e la sua sceneggiatura tende a trascinarsi, specie nella seconda parte, per le lunghe. Ma è un debito da pagare ad una ammirevole fiducia nei tempi lunghi, alla preziosa valorizzazione del silenzio. Che gli permette il coraggio di accompagnare, in una splendida quanto rischiosa sequenza, l'incedere angoscioso verso una camera mortuaria come fosse sospeso nel tempo; accompagnandolo con un sorprendente, disincantato ma commosso tema musicale .

Pochi in Italia riescono a dirigere gli attori a quel modo, a non temere quei vuoti che altri tratterebbero come lo spreco dei tempi morti. Qui, invece, finiscono per infondere una loro verità, un po' patinata ma particolare. Sarà anche solo per il tango, per le musiche che ambedue curano in modo particolare; ma si pensa, e non è poco, ad Almodovar. Basta, perché ci si dimentichi di quell'ombra di conformismo che minaccia di trasformare il sentimentalismo in un assai meno stimolante moralismo.


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